Domani uscirà in Italia sulle piattaforma digitali Wonder Woman 1984 di Patty Jenkins con protagonista Gal Gadot, di cui vi proponiamo la recensione senza spoiler.
Dopo un lungo peregrinare tra una prolungata produzione e distribuzione causata dall’ormai ben nota pandemia da Covid-19, Wonder Woman 1984 è finalmente pronto ad approdare non sul grande schermo bensì nelle case di ciascuno di noi attraverso le più note infrastrutture di intrattenimento via streaming. Per l’occasione, e ringraziamo calorosamente Warner Bros. Entertainment Italia, abbiamo avuto l’opportunità di vedere in anteprima assoluta (in lingua inglese, con sottotitoli in italiano) il ritorno di Diana Prince in un’avventura che, e torno a parlare in primissima persona, è davvero dura da raccontare.
Tolgo subito il velo, come abitudine vuole nei miei articoli, dandovi un giudizio ponderato: Wonder Woman 1984 ha poco di salvabile, e quel poco ahimè non riesce in alcuna maniera a sopperire una serie di errori e mancanze che, a livello in cui si è arrivati in questo consolidato genere d’intrattenimento mainstream, non possono essere perdonate.
Magari lo si poteva fare nei primissimi anni 2000, evitando per esempio l’efferato accanimento verso il Daredevil di Ben Affleck, ma al giorno è davvero buffo pensare di proporre un prodotto che sì, mostra palesemente la ricerca di un qualcosa (di cui onestamente non ho trovato risposta dopo ore di riflessione) di diverso, ma che allo stesso tempo lascia il fianco a non una bensì a tante, tantissime critiche.
Sarà dunque una recensione al tiro al bersaglio? Assolutamente no, anzi, nel mio piccolo vi darò quel motivo per cui, magari in una serata fredda e uggiosa invernale, investirete del vostro tempo nell’opera firmata da Patty Jenkins. Magari poi mi perseguiterete (ironia portami via) ma tento sempre di vedere del “buono” in qualsiasi cosa nella vita. Prima di entrare nel vivo ricordo, come sempre, che l’articolo è strutturato con il massimo scopo di non divulgare nessun spoiler.
Wonder Woman contro Cheetah, un’occasione mancata
C’era il bisogno di Wonder Woman 1984? Onestamente, no. Ma data la volontà nel volerlo realizzare, almeno, si poteva e dovere raggiungere uno standard quantomeno accettabile. Questo è mancato e lo riassumo in una semplice frase: un film con Diana Prince, in cui ogni scena d’azione provoca tedio e imbarazzo, è di per sé un fallimento annunciato. A questo viene poi unita una sceneggiatura frutto di ben poca ispirazione, una prolungata durata della pellicola (oltre 2h e 30m) e una realizzazione alquanto discutibile sia sotto l’aspetto tecnico che di performance della Cheetah interpretata da Kristen Wiig.
C’è una crescita del personaggio, vero, ma personalmente ho trovato il tutto alquanto forzato fino all’esplodere in una trasformazione che, davvero, non si può vedere di questi tempi. CGI bocciata completamente su Cheetah, altrettanto lo scontro con Wonder Woman: l’evento più atteso tra fan di lunga data e non, e lo dico in maniera netta, è stata l’occasione mancata per risollevare un film già di sé zoppicante per i tanti motivi esposti. Sono certo di una cosa: se determinate scene d’azione fossero state azzeccate il film avrebbe preso una piega più favorevole in sede di giudizio. E dispiace parlarne così perché il potenziale c’era per portare al pubblico un duello ricco di spettacolarità e sane mazzate. Ci voleva poco per fare di più.
La stessa Gal Gadot è sembrata rigida in alcuni momenti drammatici fin troppo consequenziali tanto da farmi domandare se stessi vedendo un film di Wonder Woman o un un prodotto di Woody Allen. Non basta la sua perfezione nelle vesti di Diana Prince, tutto quel che ha avuto attorno è stato penalizzante (salvo il rapporto con Maxwell Lord) in primis per lei. Tutto qui.
I Fab ’80, tra Donald Reagan e Sogno Americano
Wonder Woman 1984 è una degna riproduzione di uno periodi più iconici della cultura Pop e non solo, tanto da soffermarci ben poco se non che, al solo scopo di evidenziare quel buono che c’è, la Jenkins sia riuscita attraverso alcuni elementi tra cui Maxwell Lord, atipico “villain” interpretato da un sempre lodevole Pedro Pascal (l’unico, vero, salvagente a cui aggrapparsi in questo film), a dare un affresco del Sogno Americano nella sua indole più oscura e negativa perpetuata da un sentore di “reaganismo” grazie alla liberazione del mercato causata dalla ben nota ideologia socio-economica di Donald Reagan: 40° Presidente degli Stati Uniti.
Proprio questa indole nel volere sempre più, di base una perenne costante della natura umana, è il motore trainante di Wonder Woman 1984 che, ponendo da parte Miti e Leggende derivate dalle origini della Principessa delle Amazzoni, porta in scena un simil “realismo” narrativo decisamente poco riuscito. Manca proprio il mordente nella sceneggiatura, quell’elemento da far rimanere lo spettatore a bocca aperta ben noto in tante, tantissime altre pellicole a tema supereroistico. Palese la scelta da parte della regista, altrettanto però è il risultato alquanto anonimo che rendono il tutto facilmente dimenticabile.
Piccola nota conclusiva che ha reso meno amara la visione: dopo i titoli di coda c’è un cammeo che vi farà sorridere. Nulla di eclatante sia chiaro, ma è una strizzata d’occhio ai fan di Wonder Woman davvero riuscita.