Ecco la nostra recensione senza spoiler su Black Panther di Ryan Coogler, ultima fatica dei Marvel Studios in uscita il 14 febbraio in Italia.
Discutere di un film come Black Panther non è semplice, perché affronta determinate tematiche sociali più che mai attuali, che trovano ampio riscontro soprattutto nella cultura afroamericana (non a caso il film negli States ha ottenuto un successo clamoroso già dalle sole prevendite) e che potrebbero non essere comprese appieno da tutti.
Oltre ad essere un blockbuster d’azione più che godibile, l’ultima fatica dei Marvel Studios è anche un prodotto politico che punta il dito contro tutti coloro che approfittano delle minoranze, preferendo armi e violenza al dialogo e all’integrazione. Nonostante il genere di appartenenza ha un forte messaggio che non ha paura di lanciare.
Anche se non esente da difetti, si tratta certamente di un film importante sia per Hollywood che per il futuro dell’Universo Cinematografico Marvel…scoprite il perché nella nostra recensione, ovviamente senza spoiler!
Iniziamo col dire che Black Panther è un cinecomic unico, molto diverso rispetto alle recenti produzioni dei Marvel Studios che restituisce all’Universo Cinematografico Marvel determinati canoni di dramma e serietà tanto apprezzati dai fan, che ultimamente sembravano essere svaniti.
Le ultime pellicole targate Marvel Studios hanno fatto discutere a causa di una comicità spesso e volentieri forzata e sopra le righe, ma con Black Panther il regista Ryan Coogler ha deciso di optare verso un’impronta più seria, che affronta determinate tematiche come razzismo, povertà, classi sociali o schiavitù pur rimanendo all’interno del genere dei cinecomic, quasi a voler sottolineare che i supereroi non sono solo “bei costumi, battute e combattimenti sfrenati”, ma possono anche lanciare un messaggio profondo. Ed è proprio questo che colpisce del film: ha un’identità ben definita e, anche se non viene approfondita eccessivamente (trattandosi comunque di un blockbuster d’azione), è comunque attuale e condivisibile.
Si tratta certamente di una scelta coraggiosa, che rende il film un vero e proprio standalone ben lontano dai canoni Marvel a cui siamo abituati e senza alcuna oppressione dettata dalla continuity. Sotto alcuni punti di vista, risulterà molto lontano dal resto dell’Universo Cinematografico Marvel – soprattutto nella prima parte, in cui la narrativa è affidata soprattutto sulle questioni personali del protagonisti, lasciando in secondo piano le scene d’azione, da sempre marchio di fabbrica di questo genere di produzioni.
Il film di Ryan Coogler si prende i suoi tempi, favorendo (soprattutto nella prima metà di film) i dialoghi e le questioni familiari, i riti e le usanze a discapito dell’azione e delle sequenze più adrenaliniche, che comunque sono presenti e mediamente ben realizzate. Purtroppo soffre di una durata eccessiva, con alcune scene tirate troppo per le lunghe che potevano essere tagliate.
Preso come standalone funziona benissimo, è un film “intimo” incentrato sul percorso del protagonista T’Challa e sulle sue responsabilità da Re e sovrano del Wakanda, diviso tra tradizioni, usi e costumi e voglia di fare del bene nel mondo. Purtroppo, se inserito nel contesto più ampio dell’Universo Cinematografico Marvel, non ha particolari conseguenze e soprattutto colpi di scena che lasciano lo spettatore a bocca aperta, come invece nel caso di un film come Captain America: The Winter Soldier (che ha rivoluzionato l’intero MCU) – per citare quello che più di altri ha pesanti ripercussioni.
Black Panther è profondamente radicato nella cultura africana, a partire dal cast fino all’ambientazione, alle tribù, ad usi e costumi e persino ad una colonna sonora del tutto inedita per un film Marvel. Anche se il tono del film è piuttosto serio, troviamo comunque qualche battuta o situazioni divertenti affidate soprattutto alla sorella del protagonista, Shuri (Letitia Wright), ma fortunatamente sono ben dosate, non stonano e non risultano mai forzate. Anzi, sono piacevoli e strappano una risata. Inoltre mai come prima assistiamo ad uccisioni a sangue freddo e ad una discreta dose di violenza, anche se ovviamente nei limiti del rating PG-13. Certo, non aspettatevi scene splatter e fiumi di sangue, ma è un buon passo in avanti per questo tipo di produzioni.
Il tramonto del Wakanda è il più bello del mondo.
Black Panther abbraccia completamente i fumetti, sia per quanto riguarda le origini del mito della Pantera Nera che per la rappresentazione di un Wakanda diviso tra tradizioni e tecnologia, in piena linea con quanto proposto da Jack Kirby sin dagli esordi fumettistici: una nazione estremamente avanzata, con tecnologie e strumenti a dir poco impensabili per il resto del mondo.
Uno dei punti forti del film è proprio la rappresentazione del Wakanda, che sposa perfettamente tradizione ed innovazione. Da una parte troviamo lo stile tipico delle abitazioni africane, mentre dall’altra una skyline futuristica, con decine e decide di palazzi e grattacieli, il tutto accompagnato da tramonti incredibili, montagne innevate, villaggi caratteristici, panorami suggestivi, ma anche danze e rituali che rendono questa nazione africana fittizia a dir poco unica.
Come non parlare del lavoro unico della costumista Ruth E. Carter che, attingendo a piene mani dai fumetti e dalle varie tribù africane, ha realizzato più di 700 costumi ed abiti a dir poco stupefacenti: dalle bellissime armatura delle Dora Milaje ispirate alle tribù dei Turkana e dei Masaii fino agli abiti di Ramonda (Angela Basett) che uniscono tradizione africana e futurismo, il lavoro della Carter è a dir poco unico, ricercato e mai banale, che dona un’identità precisa al popolo di Wakanda.
Speriamo che la Academy Awards tenga in considerazione il lavoro della Carter per la prossima edizione degli Oscar; una nomination per i costumi sarebbe del tutto meritata!
L’omaggio dei Marvel Studios a il Re Leone
Sotto alcuni punti di vista, il film prende una piega formativa non troppo diversa da quella de Il Re Leone, mostrando un importante percorso di crescita per il protagonista T’Challa che si ritroverà ad affrontare un’eredità fin troppo pesante, diviso dal preservare la tradizione o aiutare il resto del mondo con le sue risorse. Ottima l’interpretazione di Chadwick Boseman, che si conferma l’attore giusto per questo importante ruolo. A differenza di Captain America: Civil War in cui era motivato da sentimenti di vendetta e giustizia, in Black Panther il suo è un personaggio umano, avvincente e mai noioso, che si ritrova a mettere in discussione più volte tutto ciò in cui crede.
Convincenti anche i personaggi secondari, a partire da Okoye ed al resto delle Dora Milaje (la guardia reale del Wakanda) fino ad arrivare alla simpatica Shuri, che conferma di essere uno dei personaggi più intelligenti dell’MCU miglioramenti tecnologici pazzeschi grazie al Vibranio. In passato il film è stato definito come il James Bond dell’MCU, quindi possiamo paragonare Shuri a Q (ovvero colei che realizza gadget all’avanguardia per il protagonista), in grado di aiutare in continuo suo fratello T’Challa in ogni situazione.
Sempre per rimarcare il paragone con Il Re Leone, possiamo definire Nakia (Lupita Nyong’o) un personaggio non dissimile da Nala: una donna che resta sempre al fianco del protagonista e con una fortissima personalità indipendente ma con un debole, spesso nascosto, per T’Challa.
Ottima interpretazione di Andy Serkis nei panni di un carismatico Ulysses Klaw spietato quanto imprevedibile, ma la vera sorpresa del film è Eric Killmonger, interpretato da un Michael B. Jordan che si è del tutto riscattato dal suo ruolo in Fantastic Four (anche se in quel caso non ha vere colpe). Possiamo definirlo come uno dei migliori villain dell’MCU per caratterizzazione e background. Sicuramente il più approfondito negli ultimi anni, con alcuni flashback sul suo passato e con delle motivazioni assolutamente convincenti, che suscitano empatia nello spettatore. E’ guidato da un forte senso di rivalsa, che lo rendono un villain diverso rispetto al passato. Ottimo lavoro dei Marvel Studios, che non può far altro che farci tirare un sospiro di sollievo in vista di Thanos.
Buone le sequenze d’azione, accompagnate da una colonna sonora a dir poco eccezionale, coinvolgente quanto innovativa (soprattutto per questo genere di film) che scandisce al meglio ogni sequenza. Purtroppo in alcuni casi gli scontri risultano troppo confusionari e di certo non aiuta una CGI da rivedere, soprattutto quando applicata al costume del protagonista, la cui transazione da modello digitale ad attore in carne ed ossa si nota sin troppo, con dei movimenti poco realistici durante i combattimenti. Inoltre un una scena ben precisa c’è la sensazione di trovarsi di fronte ad un videogioco, non dissimile da quello evidenziato da molti fan con il personaggio di Spider-Man.
Black Panther è un film totalmente all’altezza delle aspettative, ed oltre ad un Wakanda a dir poco incantevole, agli ottimi personaggi e ad un villain (finalmente) convincente, quello che colpisce è il forte messaggio politico e la capacità di affrontare determinate tematiche sociali più che mai attuali, che lo rendono un prodotto unico all’interno di un genere in continua evoluzione. Questo però non lo rende un film per tutti, ed in molti inevitabilmente non riusciranno ad identificarsi con questo tipo di problematiche.
Peccato per la computer grafica, per l’assenza di un combattimento realmente memorabile e per la mancanza di grandi colpi di scena, che avrebbero potuto renderlo un prodotto ancora migliore. Inoltre la durata di 134 minuti non mantiene sempre alto il ritmo della narrazione, perdendosi in qualche dialogo di troppo, ma fortunatamente senza mai annoiare più di tanto.
A prescindere dalla valutazione che ognuno di noi darà al film (più che mai soggettiva), questo è un grande passo in avanti per il genere dei cinecomic e più in generale per Hollywood. Se dopo 10 anni di attività i Marvel Studios continuano a produrre film del genere, coraggiosi e diversi, non dobbiamo avere nessuna paura per il futuro.