Joker, il Clown Principe del Crimine di Gotham debutta al cinema nel suo primo film che è… esattamente quello che doveva essere. Ve ne parliamo in questa recensione, rigorosamente senza spoiler!
Prima di cominciare a parlare di Joker, permettete a chi vi scrive di aprire una parentesi su un tema che circonda questo film sui social e la cui interpretazione, sempre di chi vi scrive, va a gettare i canoni di valutazione che avrà la seguente recensione. Parliamo del concetto di trasposizione e della conseguente fedeltà che questa richiede.
Fare una trasposizione significa, generalmente, prendere un prodotto artistico, che si tratti di un film, un libro, un fumetto, un racconto o altro, per riportarlo in un altro ambito artistico. Una trasposizione in linea di massima si basa sull’idea che chi va a realizzarla ha rispetto o comunque ha colto il potenziale del materiale trasposto, ed è perciò richiesta una minima attinenza al limite con lo spirito di ciò che si va a trasporre, con più o meno attenzione ai particolari richiesta, in quanto parliamo comunque di un prodotto artistico che deve sia valutare i limiti del medium in cui va a trasporre (il classico: “ciò che funziona su carta non sempre funziona su schermo”), ma deve anche tenere conto della sensibilità dell’autore che si occupa della trasposizione, il quale potrebbe, per meglio confare alla sua visione, creare delle differenze con l’opera di partenza anche notevoli, ma vitali per lo svolgimento della storia.
Non è quindi giusto né valutare Joker senza tenere assolutamente conto della controparte cartacea, né cercare una pedissequa trasposizione di elementi fumettistici che, in realtà, sono anche in gran parte stati (spesso) smentiti, ma di questo ne parleremo tra poco.
Partiamo quindi senza ulteriore indugio con la recensione di Joker, il film di Todd Phillips con protagonista Joaquin Phoenix nei panni del Giullare dell’Ade, terrore di Gotham City.
La Recensione
Senza danzarci troppo attorno, Joker è esattamente ciò che dovrebbe essere. Un film che va a trasporre il personaggio del terrificante Giullare del Genocidio e che ci mostra una sua possibile storia di origine, che in questo universo è ovviamente quella canonica. Va fatta la specifica sulla canonicità, perché come anticipato nella prefazione dell’articolo, non c’è una singola origine canonica di Joker nei fumetti. Molti pensano a The Killing Joke come al racconto definitivo e specifico della genesi della nemesi di Batman, ma se si legge con attenzione si può notare che lo stesso Joker smentisce quanto raccontato nel fumetto, dicendo che ogni volta ricorda il suo passato in modo diverso e che gli sta bene così, in quanto se proprio deve averne uno, preferisce che sia a scelta multipla.
Una volta chiarito questo, è scontato quale sia il compito che il film ha dal punto di vista della trasposizione: mostrarci un’origine di Joker coerente con il personaggio, qualunque si decida di raccontare, in quanto Joker è l’unico elemento certo presente nella controparte cartacea, ed è qui che la pellicola eccelle.
Il protagonista, Arthur Fleck, è un uomo solo, oppresso e vittima di qualcosa fuori dal suo controllo, di regole più o meno lecite imposte dal mondo che lo circonda, restrizioni alla sua persona che, incerto sul cosa fare, ha preso come corrette e che ha quindi tentato di seguire tutta la vita, solo per arrivare alla realizzazione che niente ha veramente un senso, che il suo mondo, il mondo che tutti vedono in maniera così chiara, in realtà non è ciò che ha sempre creduto che fosse.
Arthur, grazie ad un momento cardine del film e del personaggio nella sua mitologia, realizza che le questioni a cui diamo un peso per lui non ne hanno e quindi si comporterà di conseguenza, facendo ciò che vuole fare, ciò che lui considera più giusto, ciò trova veramente divertente.
Non ci serve empatizzare con lui, la sceneggiatura non vuole che Arthur sia l’eroe della storia, ma ci vuole raccontare della trasformazione di un uomo in qualcosa di mostruoso, ci mette davanti, come spettatori metafisici, come spettri invisibili in quel mondo, i quali osservano l’orrore che si consuma, la rinascita di qualcuno di tristemente comune che per colpa di circostanze a lui esterne, diviene l’incubo dell’intera città di Gotham.
Il consenso che lo circonda non è quasi mai comprensibile, raramente se non nei primi momenti in cui ci viene mostrato empatizziamo con i Jokers che lo mitizzano, che lo vedono come qualcosa che lui non è, come un simbolo che a lui non interessa essere, ma che tuttavia lo vedono, come nessuno aveva mai fatto. Arthur è un personaggio complesso con un’articolata e fumosa visione della realtà, in cui nulla è veramente chiaro dal suo punto di vista, in cui la sofferenza quotidiana è una certezza e la possibilità di essere felice non è altro che un sogno ad occhi aperti, ma sia chiaro, per quanto molti elementi potrebbero lasciarlo supporre, questo Joker non cerca una rivalsa sociale vera e propria, non cerca di mettere in ridicolo i potenti per amore del popolo, tutte le sue motivazioni sono prettamente egoistiche e narcisistiche, esattamente come dovrebbe essere per uno showman come lui.
Come è facile supporre, l’interpretazione di Joaquin Phoenix è magistrale, portandoci momenti di grande intensità in diverse situazioni, donandoci un villain da antologia terrificante e tormentato, spaventoso, inquietante, chiaramente umano all’inizio, ma che si va pian piano, come un serpente che fa la muta, a tramutare nel suo vero sé. Phoenix ci fa tenerezza e ci fa sobbalzare, ci fa sorridere, ci fa provare compassione, ma allo stesso tempo ci fa temere per le sue azioni, portandoci su schermo una versione di Joker che rimarrà nella storia.
Inoltre abbiamo diversi altri personaggi secondari ma comunque importanti per la pellicola, come Murray Franklin interpretato da Robert De Niro. Un comico e conduttore di un famoso talk show di Gotham che per Arthur svolge un ruolo molto simile a quello che Jerry Lewis svolgeva in Re per una Notte di Martin Scorsese con protagonista lo stesso De Niro, un film chiaramente e dichiaratamente che ha fatto da ispirazione per Joker ma ovviamente con un’ottica più estremizzata ed inquietante. Un altro membro fondamentale del cast è Zazie Beetz, il cui ruolo nella pellicola non andremo ad approfondire onde evitare spoiler, ma la cui interpretazione è stata intensa e sfaccettata.
Dal lato tecnico invece tutto è ben realizzato, ma non stupefacente. La regia è funzionale ed essenziale, anche se in alcuni momenti, in uno nello specifico, viene attirata troppa attenzione sulla camera rompendo l’illusione che la visione di un film dovrebbe dare, il tutto controbilanciato però da un’ottima composizione delle immagini che va a trasporre in maniera cristallina il significato ed il simbolismo, di alcune sequenze, mettendoci anche davanti a sequenze di grande impatto portate in scena magnificamente, quindi parliamo di una buona regia ma non costantemente eccelsa, con dei momenti ispirati che però non sono la norma.
La fotografia invece è stabile su un ottimo livello, grazie ad essa percepiamo il calore e l’euforia quando serve come un freddo pungente nelle ossa quando è richiesto, il montaggio è ben realizzato e di grande impatto, ed il tutto viene accompagnato da una colonna sonora che passa da brani famosi del periodo anni 70/80 in cui viene ambientato il film, ad altri originali della compositrice e violoncellista Irlandese Hildur Guðnadóttir, che ci fanno provare sensazioni viscerali di timore nelle situazioni giuste in perfetta aderenza con il personaggio, senza però risultare troppo memorabile, ma rimanendo comunque una colonna sonora ansogsciante è tremendamente funzionale.
Joker è in conclusione un grande film sul personaggio, che colpisce forte quando deve e ci lascia interdetti, un film che riporta in maniera ottima la visione che il personaggio ha del mondo e che ci mostra i suoi vari atteggiamenti e manierismi in un modo unico e personale, ma sempre riconoscibile come comportamenti perfettamente coerenti con quello che iconograficamente è il Joker. Un film a cui va fatto un plauso per l’amore che evidentemente ha per la controparte cartacea (anche se inspiegabilmente negato in alcune interviste a cast e crew, forse per prendere le distanze dal resto del genere) e per aver avuto il coraggio di voler portare una visione così personale, particolare, viscerale e unica di quello che può essere un cinecomic, presentandoci un vero e proprio Character Study come potevano essere Taxi Driver e Re per una Notte, con però al centro il Joker, un personaggio di chiaro e immortale impatto che dopo ottant’anni riesce ancora ad essere rilevante.
E’ altrettanto chiaro che alla realizzazione si siano resi conto del motivo di tutto ciò, di quale potenza fosse capace il personaggio, riuscendo contemporaneamente a creare un film personale, un film di Todd Phillips, che non sacrifica assolutamente il suo stile ed il suo gusto in favore di un’attinenza eccessiva e non necessaria con alcuni elementi della controparte cartacea, regalandoci quello che si spera possa essere l’inizio di una serie di cinecomic di stampo maggiormente autoriale, che contemporaneamente però non vadano a sminuire o ignorare la controparte cartacea, la quale ha permesso loro con il suo successo di essere realizzati, creando un perfetto connubio tra libertà artistica nella realizzazione di un film e rispetto per la nona arte.