Il primo film dedicato al Protettore di Gotham con protagonista Michael Keaton compie 32 anni. Analizziamo il film per comprenderne il successo.
Il 23 Giugno 1989, Batman di Tim Burton, con protagonisti Michael Keaton nel ruolo di Bruce Wayne, Jack Nicholson in quello del Joker e Kim Basinger in quello di Vicky Vale, uscì nelle sale e cambiò la storia della narrativa supereroistica a tutto tondo.
La Bat-Mania
Prima di approfondire il lavoro fatto da Burton e dallo sceneggiatore Sam Hamm sul film, facciamo un passo indietro ed osserviamo cosa il mondo sapesse della figura di Batman. Ovviamente, per i fan è scontato pensare alla serie TV del 1966 con Adam West, e con ragione, in quanto il fenomeno mediatico di quella serie è abbastanza unico, ed ha contribuito a rendere immortale la figura di Bruce Wayne, ma questa fama venne con un prezzo. Le storie di Batman degli anni precedenti alla serie avevano seguito l’evoluzione del medium fumetto, passando dalle iniziali avventure molto pulp e noir del personaggio allora solitario, ad un filone spesso fantascientifico, o comunque fantastico, che non si prendeva sul serio dal punto di vista esterno, ma dava modo ai protagonisti di prendere incredibilmente sul serio qualunque evento bizzarro (come l’attacco del Joker tramite una gigantesca macchina da scrivere), così da dare la possibilità ai lettori più giovani di seguire queste avventure in trepidazione.
La serie andò quindi nella stessa identica direzione, presentando avventure surreali e volutamente comiche in modo che gli adulti potessero guardarla intrattenuti, ma dando modo al leggendario cast di trattare il materiale con una grande drammaticità, così che i più piccoli seguissero le avventure prendendole sul serio, ed ovviamente fu un successo, ma il succitato prezzo fu gran parte del potenziale del personaggio, il quale venne utilizzato seguendo la formula camp della serie TV per anni, finché non vennero chiamati i fondamentali Dennis O’Neil e Neal Adams a ridefinire la figura di Batman nei fumetti, rendendolo un silenzioso e tormentato solitario, che agiva quasi solamente di notte, combatteva nelle tenebre e terrorizzava i criminali (ora veri e propri assassini, o comunque violenti con modalità inquietanti) fingendosi una misteriosa creatura della notte, tramite la teatralità, il suo ingegno, la sua preparazione fisica ed i suoi gadget, presentandoci quello che viene definito il “Dark Detective“, ma come si suole dire, il danno era già fatto, e la figura pubblica di Batman, per il mondo non-lettore di fumetti, era irrimediabilmente cristallizzata come la figura camp e colorata del luminoso supereroe dalle avventure comiche e surreali, o così sembrava.
Dopo lo sviluppo del film, ed un casting per Batman che fece discutere (non è un segreto che ai tempi, ironicamente, vennero fatte delle petizioni per togliere la parte a Michael Keaton), Warner Bros. attuò una campagna pubblicitaria senza precedenti, creando infiniti prodotti e gadget a tema Batman, rendendo impossibile, nell’estate del 1989, girare per le città degli Stati Uniti senza vedere qualcuno con indosso una maglietta a tema Batman. Del film non si sapeva molto, anche se uno sconvolgente teaser attirò fortemente l’attenzione degli appassionati e fece cambiare idea ai detrattori di Keaton, ma questo si fermava più agli appassionati che al mondo comune, per cui l’elemento fondamentale fu la moda, il merchandising, la curiosità di sapere da dove venisse questo simbolo giallo con al centro un pipistrello stilizzato, mobilitandosi per andare a vedere il film al cinema.
Il successo fu smodato, incassando l’allora sorprendente cifra di 411.348.924 Dollari, di cui 49 milioni solo nella prima settimana. La critica ed il pubblico amarono il film, e qualcosa di incredibile accadde: la figura così fortemente cristallizzata di Batman, fece una svolta radicale, e venne riconosciuta come quella definitiva. Il mondo ormai abituato ad immaginare Batman come il colorato e solare supereroe da commedia al solo sentirlo nominare, mutò in un istante questa immagine nel cupo, tormentato, gotico e noir combattente del crimine, che agiva nelle tenebre di una città violenta, sospesa tra gli anni 40 e la seconda metà degli anni 80, un cambiamento improvviso, e radicale ad un livello senza precedenti a livello di percezione mondiale, e che tutt’ora non è mai stato replicato nell’ambito della cultura pop.
Un ritorno alle origini
Abbiamo citato il periodo precedente a quello fumettistico che diede i natali alla serie, ed è da lì che, chi vi scrive, pensa giacciano le radici del successo del film, in quanto Batman è praticamente una quasi-diretta incarnazione dei fumetti della Golden Age.
Per chi non lo sapesse, ci si riferisce alla Golden Age (letteralmente “l’Età dell’Oro”), come al periodo dalla creazione del fumetto supereroistico, nato con il debutto di Superman nel 1938, fino agli anni 50, con l’arrivo della seconda versione di Flash, ovvero Barry Allen, che diede inizio alla Silver Age (“l’Età d’Argento”). In quei primi anni, e nello specifico nei suoi primi undici numeri sulla testata Detective Comics, pubblicati dall’allora National Comics, Batman venne presentato come un oscuro vigilante, direttamente ispirato dalle figure di The Shadow, Zorro e Sherlock Holmes, presentando un personaggio sorprendente e di grandissimo successo, al punto in cui la suddetta Detective Comics divenne il nome della casa di produzione dei fumetti sotto forma di acronimo, dando vita alla DC Comics.
Ed è proprio da quelle storie che Batman di Tim Burton prende fortissima ispirazione, grazie anche all’apporto dello sceneggiatore Sam Hamm, fervente appassionato della controparte cartacea, consegnandoci una storia che si presenta in una forma ad oggi molto inusuale per quanto concerne i cinecomics. Se ci riflettete, vi renderete conto del fatto che il fatto che Bruce Wayne sia Batman ci viene presentato quasi come un piccolo colpo di scena ad inizio film, esattamente come fu nella prima apparizione fumettistica del personaggio, dove questo fatto che noi diamo ovviamente per scontato, era una vera e propria rivelazione alla fine della storia, con Batman che si avvicinava verso i lettori dalle tenebre in modo drammatico, mentre la narrazione rivelava che sotto il cappuccio si nascondeva l’insospettabile miliardario Bruce Wayne.
Rimanendo sulla stessa linea, ci si rende anche conto di quanto la struttura di questo film sia agli antipodi con quella che ci aspettiamo, quando ci rendiamo conto che per la maggior parte del film non ci sia dato sapere come mai Bruce abbia deciso di vestire i panni di Batman, rivelandoci le sue origini solo in un flashback vicino al climax del film, quando dell’antagonista, il Joker, sappiamo tutto ciò che c’è da sapere sin dalla sua prima apparizione, persino per quanto riguarda le sue origini, che vengono generalmente mantenute come un mistero nella controparte fumettistica e nella maggior parte delle trasposizioni, sia perché probabilmente Tim Burton si sia sempre più interessato ai villain che al protagonista, ma probabilmente anche a citare il fatto che lo stesso è successo per il Batman fumettistico, le cui origini non sono state svelate in Detective Comics #33, ben sette numeri dopo la sua prima apparizione.
La Gotham in cui si trovano è poi ovviamente un eccezionale lavoro del designer Anton Furst, il quale ha attinto a piene mani dall’estetica degli anni 40, creando l’iconica immagine, poi trasferitasi nei fumetti, di un mondo sospeso tra il periodo attuale e gli anni della creazione del personaggio.
Ma ovviamente non solo questi riferimenti creano l’atmosfera dei primi storici fumetti, in quanto il lavoro fatto da Burton, dal succitato Furst, dal direttore della fotografia Roger Pratt e dal costumista Bob Ringwood, per ricreare quella che è indiscutibilmente l’atmosfera visiva di appartenenza del film, ovvero quella dei noir dal sapore pulp anni 40, è assolutamente indiscutibile. Questo film omaggia continuamente quella corrente cinematografica e vive di essa, facendoci muovere tra i fumosi cunicoli d’acciaio della Chimica Axis, con poliziotti e criminali armati di mitragliatori Tommy Gun, con indosso Fedora e completi gessati su cui si potevano vedere lunghi cappotti o impermeabili, immergendoci nell’atmosfera di uno scontro tra mafiosi e poliziotti negli anni di Humphrey Bogart, in cui però spuntava una spaventosa creatura della notte, con un gigantesco mantello che pareva tramutarsi in ali quando sollevato, che si rialzava quando colpita dalle pallottole come se fosse un demone giunto a Gotham dall’inferno, silenzioso come un’ombra e rapido e forte come una pantera, un uomo pipistrello da leggenda urbana, che però si dimostrava reale, andando a caccia di criminali.
Il lavoro fatto poi dall’incredibile Danny Elfman sulla colonna sonora è tutt’ora visto come uno dei migliori non solo nei cinecomics, ma nel cinema tutto, facendoci immergere nel mistero nel mentre che ci addentriamo per la prima volta nella Batcaverna, esaltandoci tramite il tema di Batman, tutt’ora visto come quello definitivo del personaggio, che alcuni hanno definito come una sorta di marcia militare velocizzata, come un tema eroico a cui però, è successo qualcosa che l’è andato a distorcere, trionfale si, ma anche oscuro.
Per quanto riguarda il cast ed i personaggi poi, non c’è molto da dire che non sia già stato giustamente detto sull’incredibile lavoro di attori come Keaton, Nicholson, Basinger, ma anche Robert Wuhl come il caratteristico reporter Alexander Knox, Michael Gough come il gentile e attento Alfred Pennyworth, un Billy Dee Williams che avrebbe senza ombra di dubbio saputo dare tantissimo se gli fosse stata data la possibilità di interpretare Due Facce, dopo Harvey Dent, e molti altri ed altre ancora, componendo un cast a dir poco talentuso, con personaggi tutti memorabili.
Il Batman di Keaton è nello specifico largamente apprezzato come intensità e figura, ma secondo chi vi scrive, sottovalutato dal punto di vista di quello che narrativamente può offrire. Il lavoro fatto dall’attore nel mostrare questo Bruce Wayne introverso, spesso confuso sulla sua vita da uomo, ma incredibilmente risoluto nel momento in cui la indossa, capace di comunicare tantissimo con uno sguardo e di mostrare un infinito carisma, anche nella sua desolazione, rabbia e sconforto. Un Bruce Wayne che parte in una modalità che non sembra essere dissimile da quella dei fumetti, premurandosi di non uccidere i criminali che combatte e facendo tutto ciò che può per salvare Jack Napier dalla caduta nella vasca di rifiuti tossici, ma che nel momento in cui realizza che la stessa persona che sta combattendo incessantemente è anche stato l’artefice della morte dei suoi genitori, dandogli più che mai un nemico specifico, facendolo rendere conto che tutto ciò che è la sua vita, l’ossessione per una missione di cui Bruce stesso non sa cosa pensare (come dice a Vicky), l’impossibilità di aprirsi, di vivere come una persona normale, è tutta colpa di un solo uomo, portandolo ad un punto di rottura che il Batman fumettistico non ha mai affrontato con così tanta rabbia nella sua carriera, dando inizio ad una vendetta omicida nella quale uccide senza pietà i vari criminali al servizio del Joker, che in precedenza aveva semplicemente neutralizzato, ed in seguito, il Joker stesso. Ed scontato pensare al sequel, a quel Batman Returns che ci mostra Bruce per la prima volta da solo, in attesa del segnale, senza rendersi conto che uccidere Joker non ha poi cambiato niente alla fine, che il suo trauma non è stato affrontato, che la sua incapacità di convivere con sé stesso ha allontanato la stessa Vicky Vale che concludeva il film sorridendo al cielo notturno, su cui appariva la luminosa sagoma del neo-creato Batsegnale, ad indicare un lieto fine che non è però arrivato, in quanto Batman ha bisogno di essere diverso dal modo in cui si è comportato a fine film, di essere migliore, come dimostrerà nel suo confronto finale con Selina Kyle nel succitato sequel.
Sul Joker di Nicholson poi è assolutamente fondamentale esprimersi, nonostante l’immensa bravura dell’attore sia indiscussa, e la sua attinenza al ruolo sia chiara come il sole. Un Joker da prima gangster sadico ma comunque serio, che perde anche l’ultimo barlume di sanità con l’incidente che lo tramuta nel Clown Principe del Crimine, e si rivela in delle caratteristiche fondamentali per il personaggio, che lo rendono una trasposizione a dir poco ottima. È stato detto in passato, che Batman e Joker funzionano come avversari perché il primo è un amico che sembra un nemico, ed il secondo è un nemico che sembra un amico, e questa dicotomia, questa unione tra sadica violenza e comico divertimento, vanno a creare un Joker degno del suo nome, in quanto più di tutto, il Joker di Nicholson è divertente da seguire. L’autodefinitosi primo artista dell’omicidio a ciclo completo, buffo nelle movenze, nel modo di porsi, nei gadget che usa, nelle frasi che dice, ma inconfondibilmente malvagio, pericoloso e spietato. Una persona interessata ad accrescere la sua fama, e conseguentemente il suo ego, compiendo più omicidi possibile nelle modalità più disparate, attaccando le persone nella loro estetica avvelenando prodotti come lacca o profumo con una tossina mortale che lascia loro un terrificante ghigno sul volto, utilizzando la loro avidità dando il via ad una parata in cui, nonostante i suoi terrificanti crimini siano noti, tutta Gotham parteciperà in cerca di denaro (che oltretutto viene rivelato essere fasullo in una scena tagliata), nella quale prevedibilmente il Joker tenterà di compiere un omicidio di massa sventato da un furente Cavaliere Oscuro.
In conclusione
La bravura di Burton in questo film è indiscussa, consegnandoci un meraviglioso film su Batman che non poteva trovare un miglior regista ai tempi, e dandoci modo di vedere su schermo l’immortale versione del personaggio interpretata da Michael Keaton, la quale, sorprendente ma vero, farà il suo ritorno nel film The Flash del venturo 2022, anno in cui il sequel di questo film, Batman Returns, compierà precisamente trent’anni, dando ovviamente addito all’accurata citazione: “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro“.